La vicenda interessa un uomo condannato, a seguito di giudizio abbreviato, per i reati di violenza sessuale, atti osceni, minaccia, violenza privata e maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie costituitasi parte civile.
Con il proprio ricorso l’imputato chiedeva l’annullamento della Sentenza, nella parte in cui veniva condannato per il reato previsto all’art. 572 c.p., per carenza e illogicità della motivazione in quanto la propria responsabilità penale sarebbe stata fondata sulle sole dichiarazioni della parte offesa, moglie dell’imputato.
A sostegno della sua doglianza, deduceva che l’intrattenere una relazione extraconiugale non sarebbe di per sè sufficiente a integrare l’elemento oggettivo del delitto di maltrattamenti in quanto la sua condotta difetterebbe del requisito dell’abitualità. Abitualità che l’imputato sostiene non poter essere desunta dalla semplice presenza dell’amante all’interno della sua abitazione al momento dell’arrivo del Carabinieri.
Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte di Cassazione non manca di porre l’accento su quelle che sono le condotte tipizzanti della delitto in questione: “una serie di fatti commissivi e omissivi idonei a cagionare nella vittima durevoli sofferenze fisiche e morali”, scriminando altresì quei singoli atti di infedeltà che presi isolatamente non hanno rilevanza penale.
Ebbene, nel caso sottoposto al vaglio di legittimità, la Suprema Corte conferma le valutazioni dei Giudici di Secondo Grado in ordine all’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa ritenendo la motivazione offerta dalla sentenza impugnata congrua e priva di vizi logici.
Con riferimento al tema della testimonianza della persona offesa, la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire alcuni principi ormai consolidati:
- il Giudice può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale dell’imputato dalla sola testimonianza della persona offesa, purché la stessa abbia superato positivamente il vaglio dell’attendibilità;
- detta valutazione è un giudizio di tipo fattuale e dunque di merito, di conseguenza non può essere oggetto di sindacato di legittimità, soprattutto laddove emerge che il Giudice abbia fornito una spiegazione della sua analisi probatoria.
Per concludere, la doglianza proposta dal ricorrente risulta infondata con conseguente rigetto del ricorso.
L’avere costretto la moglie ad accettare i suoi ripetuti rapporti sessuali con un’altra donna, peraltro, all’interno di quella che era la loro abitazione, va ad delineare quei comportamenti vessatori, violenti e umilianti sottesi al paradigma normativo dell’art. 572 c.p.; contrariamente alla tesi difensiva dell’imputato, le stesse condotte violente e vessatorie hanno trovato riscontro nel materiale investigativo – quali relazioni di servizio e conversazioni telefoniche – e perfettamente suscettibili di valutazione e idonee all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
Dott.ssa Oriana Genovese
Studio Legale Maisano
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