
Integra il reato di atti persecutori (stalking, art. 612 bis c.p.) la condotta dell'ex marito che in modo petulante e insistente corteggia l'ex consorte inviandole dichiarazioni amorose via sms, mail, posta e bigliettini sul parabrezza dell'auto in quantità e con modalità tali da creare uno stato d'ansia o di paura tale da temere per la propria incolumità.
E' questo il principio di diritto dettato dalla Corte di Cassazione chiamata recentemente a pronunciarsi sul ricorso del Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Brescia avverso una sentenza del Tribunale Monocratico di Cremona.
L'ex marito, infatti, era stato assolto dall'accusa di stalking dal Giudice di Primo Grado sull'assunto che le condotte contestate erano riconducibili al reato di molestie (art. 660 c.p.), reato che comunque non sussisteva difettandone i requisiti (uso del telefono e/o condotta pubblica).
Per la Suprema Corte, invece, i due reati nulla hanno a che fare l'uno con l'altro: differenti sono le condotte così come anche i beni giuridici tutelati.
Laddove il corteggiamento, insistente e indiscreto si materializzi in molestie e/o minacce tali da causare uno degli eventi previsti dalla norma sussiste il reato di atti persecutori.
La Corte quindi annullava con rinvio.
Avv. Alberto Bernardi
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Scarica la sentenza Cass. Sez. 5 nr. 12528/16
