
Divulgare un video hard di una minore dalla stessa volontariamente e consapevolmente realizzato integra il delitto di diffusione di materiale pedo pornografico (art. 600ter comma 3 c.p.), ma nel quantificare il risarcimento dovuto alla persona offesa occorre valutare il suo ruolo attivo nella realizzazione del danno.
E’ questo l’interessante principio di diritto statuito dalla Corte di Cassazione con la sentenza 6119/2016. L’imputato era stato inizialmente condannato per pornografia minorile mediante induzione dal Gup in sede di rito abbreviato.
La Corte d’Appello, ritenuta non provata l’induzione, riqualificava il fatto in mera diffusione di materiale illecito. Ricorreva per Cassazione i genitori della persona offesa, costituiti parte civile, lamentando il vizio di motivazione della sentenza nella parte in cui veniva ridotto il risarcimento del danno in favore della minore.
Secondo la Suprema Corte tuttavia, la motivazione è assolutamente immune da vizi dato che i giudici hanno correttamente applicato l’istituto del fatto colposo del creditore. In altre parole, realizzando e inviando liberamente il filmato la stessa si era posta in una situazione tale da rendere probabile il danno, giocando così un “ruolo da protagonista attiva” nella vicenda.
La minore, espostasi volontariamente e consapevolmente al rischio che si producesse un danno, aveva integrato quel profilo di colpa descritto dall’art. 1227 c.c. e quindi il risarcimento era stato correttamente ridotto.
Avv. Alberto Bernardi
Studio Legale Maisano
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Scarica la sentenza Cass. Sez. 3 6119/2016