
La Cassazione torna sul tema dell’offensività in concreto e apre un nuovo spiraglio alla coltivazione personale. La finalità di consumo personale può far venir meno il reato.
A pochi giorni da un’altra pronuncia sullo stesso tema (qui trovate l’approfondimento) sempre la Sesta Sezione della Corte di Cassazione torna sul tema della coltivazione di piante dalle quali possono essere estratte sostanze stupefacenti.
La Suprema Corte in questa occasione quanto mai “giudice del fatto” coglie l’occasione per fornire una nuova declinazione al principio di offensività in concreto.
E’ ben noto che la condotta di coltivazione sfugge alla distinzione fra “ad uso personale” e “per finalità di spaccio”: tale distinzione, invero, riguarda solamente la condotta di detenzione in quanto fatto umano più prossimo al consumo e quindi, nella ratio del legislatore anche comunitario, di minore gravità.
Ciononostante, la finalità di consumo personale può (rectius: deve) essere presa in considerazione dal giudice di merito al fine di valutare se la condotta di coltivazione risulta offensiva o meno nei confronti del bene giuridico. Una coltivazione limitata nel numero di piantine, ancorchè mature, senza alcuna possibilità di distribuzione in favore di terzi da parte del reo, non è una condotta offensiva.
L’imputato, pertanto, deve essere assolto.
Avv. Alberto Bernardi
Studio Legale Maisano
Avvocati Penalisti in Bologna
Scarica la sentenza Cass. Sez. VI nr, 5254/16