
La Cassazione torna sul principio di offensività applicato ai reati di pericolo presunto quali quelli in materia di stupefacenti.
La vicenda ha ad oggetto alcune piantine di cannabis indica per la coltivazione delle quali l’imputato veniva condannato alla pena di mesi sei con il riconoscimento dell’allora prevista attenuante della modica quantità.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato proponeva ricorso per Cassazione nel quale lamentava che, sia per la scarsità di principio attivo contenuto (solo lo 0,1%) sia per le piccolissime dimensioni delle piantine, la condotta non poteva considerarsi offensiva. In particolare, la coltivazione non era in nessun modo in grado di poter mettere in pericolo la salute pubblica.
La vicenda offre alla Corte di Cassazione l’opportunità di ribadire in materia di coltivazione e di offensività, coordinandoli con alcune precedenti sentenze, senza tuttavia porsi in contrasto con esse.
La coltivazione non è detenzione
Il collegio ribadisce un principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite nel 2008 (nr. 28605/08 ric. Di Salvia). La condotta di coltivazione non è ricompresa in quella di detenzione con la conseguenza che, in caso di modiche quantità, le stesse non possono essere considerate per uso esclusivamente personale. Tale qualifica infatti spetta alle sole condotte di detenzione.
L’offensività va valutata in concreto
In tal senso già si era espressa la Corte Costituzionale. La condotta dell’agente deve avere un grado minimo di offensività concreta; in caso contrario si ricadrebbe nel cd. reato impossibile vale a dire in un fatto inidoneo a ledere o porre in pericolo il bene giuridico tutelato (C. Cost. 360/1995). Nella coltivazione di piantine di cannabis l’offensività in concreto coincide con la valutazione dell’effetto drogante dello stupefacente ricavato.
L’offensività deve essere attuale
Strettamente connesso al concetto di offensività in concreto è il concetto di attualità dell’offensività, tanto più, precisa la Corte di Cassazione, nel reato di coltivazione di stupefacenti che è reato di pericolo presunto. Una valutazione “potenziale” e non attuale dell’offensività comporterebbe una ulteriore quanto inaccettabile anticipazione della punibilità, della cui conformità costituzionale si dovrebbe dubitare. La lesività delle piantine, pertanto, deve essere valutata con riferimento all’attualità e non ad una futura ed eventuale maggiore capacità drogante, della quale non può esservi nessuna prova oltre ogni ragionevole dubbio.
La conseguenza non poteva essere che l’annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello affinche il giudici verifichi l’effettiva lesività delle piantine.
Avv. Alberto Bernardi
Studio Legale Maisano
Avvocati Penalisti Bologna
Scarica la sentenza Cass. Sez. VI nr. 2618/2016